Quando si parla di spesometro si fa riferimento ad una specifica comunicazione da far pervenire all’Agenzia delle Entrate relativamente alle fatture che tutti i titolari di partita IVA abbiano emesso o ricevuto, siano essi lavoratori autonomi o imprese. Lo spesometro venne introdotto con l’articolo 21 del Decreto Legislativo 78/2010 e in principio era previsto che i cittadini avessero l’obbligo di effettuare tale comunicazione solo nei casi di importi che superassero i 3600 euro al lordo dell’IVA (se con aggiunta di scontrino o ricevuta) o i 3000 euro (per chi fosse sottoposto ad obbligo di fatturazione). Successivamente, nel 2012, il meccanismo è stato invece allargato a tutte le operazioni che comportino l’emissione di una fattura. Con un provvedimento del 2013 vennero poi delineati i termini precisi di presentazione e con la Legge di Bilancio di quest’anno vi è stata una ulteriore revisione. Attualmente lo spesometro impone il dovere di spedire con cadenza trimestrale tutte le fatture, facendo in modo che esse contengano i dati dei soggetti, il numero di emissione, la data, l’aliquota IVA applicata, la base imponibile e la tipologia di operazione. Rispetto al 2016, anno in cui lo spesometro prevedeva una scadenza il 10 aprile per i contribuenti mensili ed una il 20 aprile per i contribuenti trimestrali, lo spesometro 2017 ha una differente cadenza: in particolare sono previsti un primo invio entro il 25 luglio di quest’anno (data che ha subìto svariate proroghe per ragioni tecniche: al 18 settembre, poi al 28, settembre, al 5 ottobre e al 16 ottobre) ed un secondo invio entro il 28 febbraio 2018. Dal prossimo anno entreranno in vigore comunicazioni esclusivamente trimestrali. I cittadini che detengono l’obbligo di effettuare lo spesometro sono tutti i soggetti passivi di IVA. Essi dovranno quindi comunicare i dati relativi a fatture emesse e ricevute nel 2017. Esiste però una categoria di persone che sono esonerate dal farlo: parliamo di contribuenti forfetari (ovvero coloro che abbiano raggiunto un limite di ricavi compreso tra 25.000 e 50.000 euro annuali, o che abbiano sostenuto spese per lavoratori dipendenti e collaboratori inferiori a 5.000 euro annuali, o ancora che detengano redditi da lavoro dipendente al di sotto della soglia dei 30 mila euro lordi nell’anno precedente), contribuenti minimi, agenzie di viaggio con un importo relativo alle operazioni svolte al di sotto dei 3600 euro (IVA esclusa), commercianti di beni al dettaglio che abbiano eseguito operazioni con un limite inferiore ai 3000 euro (sempre IVA esclusa). Sono escluse dall’obbligo di venire comunicate tutte le operazioni che siano state eseguite nei confronti di soggetti non passivi di IVA e che abbiano un importo di 3600 euro o più, con un pagamento avvenuto attraverso carte di credito, di debito o prepagate, oltre a quelle che siano state già rese note all’Agenzia delle Entrate (come ad esempio i contratti di assicurazione o la fornitura di energia elettrica o ancora le operazioni comunicate tramite tessera sanitaria).