Quando, il 15 settembre del 2008, fallì la Lehman Brothers, ovvero quella che al tempo era considerata la quarta banca d’affari degli Stati Uniti, molta gente aveva già cominciato ad intuire che i costi degli immobili non sarebbero potuto continuare ad aumentare ancora per molto. Era chiaro che il sistema del rifinanziamento dei mutui subprime, che si fonda proprio sulla crescita dei prezzi delle case, sarebbe arrivato ad un limite insuperabile.
Cosa sono i mutui subprime?
Ricordiamo che per “mutui subprime” intendiamo quella tipologia di finanziamenti che le banche concedono a soggetti privi di garanzie di affidabilità, ovvero clienti che hanno esigue disponibilità economiche o che sono già noti nell’ambiente per essere dei “cattivi pagatori”, quindi per aver accumulato dei ritardi nei pagamenti. Il subprime, nello specifico, è un finanziamento richiesto ed erogato per acquistare un immobile, senza la necessità di presentare alcuna ipoteca in qualità di garanzia. In Gran Bretagna vengono spesso definiti “near-prime o “second chance”, proprio a sottolineare il maggior rischio che il creditore, di fatto, si assume. Negli Stati Uniti il mutuo si definisce subprime sulla base di una classifica che utilizza una scala di punteggi che va da 300 ad 850 punti: coloro che detengono un punteggio di credito al di sotto di 620 vengono detti debitori subprime.
Il fallimento di Lehman Brothers
Durante quella famosa giornata del 15 settembre, dunque, il principale indice della borsa newyorchese – il Dow Jones – perse addirittura 504 punti, rispecchiando il maggior crollo verificatosi dal 17 settembre 2001, ovvero dal giorno in cui ripresero gli scambi dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Il fallimento della società Lehman Brothers, che vantava la propria fondazione nel lontano 1850 e che si avvalse di più di un secolo di storia di grandi successi, non fu naturalmente la causa scatenante della crisi che seguì, ma ne rappresentò emblematicamente la gravità. La sua attività spregiudicata, nota a tutti, si basava sull’offerta di consulenza ad altre società, che usufruivano del suo aiuto per posizionare azioni o obbligazioni in borsa d investire denaro. Il contesto economico in cui suddetto fallimento si verificò era caratterizzato da politiche monetarie estremamente espansive (attuate dalla FED, ovvero dalla Banca Centrale Americana), da una deregolamentazione del settore finanziario (quella voluta dall’amministrazione Bush, che consentiva alle banche di agire con più libertà e meno controlli) e, per l’appunto, da un mercato immobiliare statunitense che sottostava ad uno smodato aumento dei mutui subprime. Il sistema finanziario degli Stati Uniti, di fatto, aveva molto denaro che però rendeva poco, ragione per la quale si cominciò a permettere anche a chi non aveva le giuste garanzie di usufruire di mutui importanti. I prezzi delle case salirono ma questo accadde fino al 2006: in seguito agli effetti dell’aumento dei tassi di interesse che la FED l’anno precedente mise in atto, infatti, la richiesta dei mutui si ridusse drasticamente e molti che il mutuo già lo avevano cominciarono a divenire insolventi. La crisi dei mutui subprime innescò, di lì a poco, una vera e propria recessione economica mondiale, che arrivò a colpire maggiormente l’Occidente: fu allora che prese atto quella che divenne ben presto la peggiore crisi economica dopo a grande depressione degli anni ’30. La Lehman Brothers, che aveva agito molto nel campo dei mutui subprime (non erogandoli, ma acquistandoli dalle finanziarie ed usandoli poi come garanzia per complessi titoli derivati), andò incontro a quella che si è delineata come la più grande bancarotta della storia degli Stati Uniti.