A cosa servono i fondi pensione?
Quando parliamo di fondi pensione ci riferiamo a particolari fondi di investimento, la cui rendita che ne deriva può sopperire all’insufficiente importo pensionistico erogato dall’Inps. Analogamente alla previdenza obbligatoria, la contribuzione si verifica durante il periodo lavorativo e la pensione derivante viene concessa solamente al raggiungimento dei requisiti previsti (anche se esistono dei casi in cui è possibile richiedere anticipazioni e riscatti). La ragione che induce molte persone a scegliere tale forma di integrazione è legata al fatto che il reddito che la maggior parte degli individui percepisce dalla previdenza obbligatoria è inferiore a quello ottenuto nell’ultimo periodo dell’attività lavorativa, autonoma o dipendente che essa fosse. I fondi pensione, quindi, hanno di fatto lo scopo di costituire una seconda rendita pensionistica, rappresentando in tal modo degli strumenti in grado di garantire il potere d’acquisto dei risparmi. Prima di avvalersene sarà importante valutare, comunque, a quanto ammonti con esattezza ciò che si percepirà da parte dell’Inps. Si dovrà poi considerare il fatto che, poiché i fondi pensione investono i propri capitali sui mercati finanziari, non saranno esenti dal rischio di possibili perdite o di risultati inferiori alle aspettative di partenza. Si tratta di un sistema previdenziale “a capitalizzazione”, in base al quale si comprano attività finanziarie o reali con i contributi di ciascun utente. La somma che nel tempo si ottiene viene investita per chi l’ha realizzata, ovvero per l’individuo titolare dello specifico fondo, e per nessun altro. Il soggetto in questione otterrà dal fondo pensione una trasformazione in rendita del capitale raggiunto nel tempo. Esistono due tipologie di fondi pensione: quelli di categoria o negoziabili, chiamati anche fondi pensione chiusi (FPC), e i fondi pensione aperti (FPA). Nel primo caso vengono realizzati attraverso accordi collettivi gestiti dai sindacati ed assumono la forma di associazione priva di scopi di lucro, sottostando ad una forma di democrazia rappresentativa. Nel secondo caso, invece, nascono dall’azione unilaterale di determinati operatori finanziari abilitati secondo la legge (ad esempio banche, compagnie assicurative, società di gestione del risparmio). In quest’ultima condizione chi gestisce ha la piena libertà di azione in merito alle decisioni inerenti il fondo. Esistono diverse fasi contributive, che vanno da quella iniziale in cui i contributi vengono versati e accreditati a quella di gestione, durante la quale ciò che è maturato viene investito tramite chi ha l’abilitazione a farlo, come detto in precedenza. Seguono poi una fase di accumulo e quella di erogazione delle prestazioni, il cui importo naturalmente dipenderà dalle cifre versate e dai rendimenti ottenuti. Per quanto concerne la tassazione dei fondi pensione, sappiamo che essi sottostanno ad uno specifico regime fiscale e che i contributi versati in aggiunta al conferimento del TFR sono deducibili fino a 5.164,57 Euro. Per quanto riguarda invece le prestazioni finali è viene applicata una ritenuta del 15% che può però diminuire dello 0,3% ogni anno dopo il quindicesimo anno di partecipazione alla forma complementare, non potendo comunque mai scendere al di sotto del 9%.