In tempo di crisi l'obiettivo per il rilancio del nostro Paese è quello di incentivare i consumi:secondo quanto riferito dal Censis a seguito di una ricerca effettuata nel settore, potrebbe essere la disponibilità a spendere per il cibo a rappresentare un traino per la nostra economia. In base allo studio eseguito dall'istituto, infatti, gli alimenti costituiscono una percentuale di spesa maggiore in Italia rispetto al resto dell'Europa: parliamo di una percentuale del 14,3% sul totale delle uscite, a fronte di un 11,4%). Ci sono elementi che potrebbero rispecchiare una speranza di ricrescita e la centralità del cibo per ben il 91% dei cittadini italiani comporta una serie di conseguenze: prima di tutto l'evidenza che il fattore condizionante per la spesa in questa direzione non sia, in Italia, il costo dei prodotti quanto piuttosto la trasparenze delle informazioni (94,4%), la funzionalità (88,4%), la salute (84,6%) e l'eticità (83,5%). Poi c'è da aggiungere la cosiddetta italianità, che costituisce ancora un valore per cui il cittadino è disponibile a spendere di più (85,5%). Nel resto del mondo, d'altra parte, dal 2010 al 2015 la richiesta globale di cibo made in Italy è aumentata addirittura del 36,5%. La crescita di spesa di tipo alimentare registrata invece di recente nel nostro Paese, ovvero tra il 2015 e il 2016, si è attestata su un 1,1%, dunque comunque non sufficiente a recuperare quanto è stato perso negli ultimi anni (tra il 2007 e il 2016 i consumi sono scesi del 10,9%). Il maggior calo di spesa è stato evidenziato, naturalmente, nelle famiglie più povere e in quelle con un “capofamiglia” disoccupato, che hanno dovuto quindi sottostare a maggiori rinunce. Si prevede che nell'anno in corso la spesa per i generi alimentari possa continuare ad alimentarsi. In base agli studi di settore, conosciamo alcune caratteristiche delle abitudini dei consumatori italiani, ovvero, ad esempio, che ben 31 milioni di essi utilizzino il cibo pronto o semipronto, mentre 26 milioni pongono la propria attenzione sulla scelta di cibi di tipo salutista. Si diffonde sempre più il cibo acquistato on line, il classico take-away (parliamo di 19,4 milioni) e, analogamente, il consumo di bibite e cibo nei distributori automatici (25,3 milioni). In crescita risulta essere, poi, la necessità espressa dal cittadino di essere informato, cosa che si verifica soprattutto attraverso la rete, nonché la scelta della marca, per la quale ben il 67,3% si dice disposto a spendere di più. Nel frattempo sale l'inflazione. Sappiamo infatti che negli ultimi cinque mesi il tasso tendenziale (detto “indice Nic”) è passato da -0,2% a +1,5% e che i principali aumenti dei costi sono stati registrati, solo nel mese di febbraio 2017, proprio per le spese relative a prodotti alimentari e bevande analcoliche (+1,4%). Seguono i Trasporti (+0,7%). Poi, a seguire, rialzi sono stati evidenziati nei costi di Ricreazione, Spettacoli e Cultura (+0,3%), dei Servizi ricettivi e di ristorazione (+0,2%), di Abitazione, acqua, elettricità e combustibili. All'ultimo posto le spese per i servizi sanitari e quelle per la salute. Per approfondire: http://localhost/orizzonti/episodi/inflazione/