Il novembre del 2016 verrà ricordato a lungo in Egitto. I primi giorni del mese, infatti, la Banca Centrale d’Egitto ha reso nota la decisione di lasciare fluttuare liberamente la moneta del paese, svalutandola di fatto fino alla metà del proprio valore. Negli ultimi anni, l’Egitto, è stato provato pesantemente da episodi di terrorismo e da una precaria situazione politica che hanno ridotto ai minimi termini l’afflusso di valuta estera nel paese, messo in ginocchio l’economia e favorito l’espandersi del mercato nero dei cambiavalute. La svalutazione della lira egiziana era nell’aria e peraltro auspicata anche dal Fondo monetario internazionale che sta negoziando con Il Caro un prestito di 12 miliardi di dollari, ma non si pensava che avvenisse in tempi così rapidi e di tale entità. Prima della svalutazione il rapporto dollaro/lira era fissato (dallo scorso marzo) a 8,88 mentre, in questi giorni, è scivolato anche a 16,25 e, secondo gli analisti, si stabilizzerà intorno al 13. Come ha annunciato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, per uscire dalla crisi economica dovranno essere prese “altre decisioni difficili” come l’introduzione di un’imposta sul valore aggiunto e vari tagli alla spesa pubblica. La preoccupazione aleggia anche tra i molti emigrati egiziani sparsi per il mondo che sono soliti inviare parte dei propri risparmi ai familiari rimasti in Egitto. Secondo la Banca Mondiale nel 2015 sotto forma di rimesse di denaro i migranti egiziani hanno fatto pervenire nel proprio paese di origine qualcosa come 19,7 miliardi di dollari. Le riserve estere dell’Egitto si sono dimezzate dopo la rivoluzione del 2011 e per attirare l’attenzione degli investitori esteri ci sarà da lavorare (e da soffrire) ancora molto.