Sapersi districare nel complesso mondo della finanza, o più semplicemente nelle frequenti operazioni legate alle nostre scelte in termini di acquisti o impegni economici, può non essere semplice né facilmente intuibile per la maggior parte di noi. Può capitare, ad esempio, di rimanere confusi di fronte alla mole di sigle riportate nei contratti di finanziamento o nel corso del quotidiano aggiornamento dei mercati finanziari da parte dei telegiornali. Si tratta di tutte condizioni che hanno a che fare con il medesimo concetto, ovvero il costo del denaro. Per “tasso di interesse” , in particolare, si intende la specifica quota che spetta al prestatore sulla base dell'importo messo a disposizione del debitore: l'interesse non è altro, quindi, che il compenso per chi cede a qualcuno per un certo periodo di tempo l'utilizzo di una determinata somma di denaro e di norma viene fissato con riferimento ad un capitale di 100 euro e ad un lasso di tempo di un anno. Di conseguenza se l’interesse è del 5% significherà che per un capitale di 100 euro prestato per un anno si dovrà corrispondere un interesse di 5 euro. Nel caso in cui si richieda un mutuo, gli interessi saranno dunque ciò che spetterà alla banca a fronte del prestito concesso e verranno stabiliti in funzione di una serie di parametri – come l'Euribor (acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate, ovvero il tasso interbancario di offerta in euro, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni in Euro tra le maggiori banche europee) o l'IRS (da Interest Rate Swap. cioè un accordo tra due parti finalizzato allo scambio reciproco, per un periodo di tempo stabilito, inerente pagamenti basati su tassi di interesse diversi) – cui la banca aggiungerà una maggiorazione detta “spread” che rappresenterà in definitiva il suo reale guadagno. Abbassare i tassi significa perciò rendere meno costosi i finanziamenti e, di conseguenza, esercitare uno stimolo alla richiesta di denaro. La maggior liquidità che in questo modo risulta essere in circolazione costituisce un aiuto nei confronti della crescita economica. Sappiamo che dal 1985 al 2008 i tassi di interesse reali sono passati da una media del 4% ad una del 2%. E dal 2008 ad oggi sono ancor più scesi, toccando quota 0,5%. La maggior parte degli economisti ha difficoltà a spiegarsi questo fenomeno ma si può certamente ipotizzare che le Banche Centrali dei diversi Paesi che hanno scelto di tenere i tassi bassi fossero in attesa della effettiva certezza che l'economia si stesse riprendendo. Certo poco ortodossa è stata invece l'iniziativa della Banca Centrale Europea unitamente alla Banca Centrale Giapponese e ad altre due più piccole di imporre agli istituti di credito nazionali un tasso di interesse negativo, di fatto “tassandoli”. E recentemente questa pratica pare si stia diffondendo anche nelle aziende private.