Siamo nel biennio 2010-2011 quando si verifica quella che viene chiamata la “crisi del debito sovrano”. La crisi del debito sovrano prende origine, a propria volta, dalla profonda crisi del settore dei mutui residenziali negli Stati uniti. Furono svariate, infatti, le banche europee a trovarsi in seria difficoltà dopo la cosiddetta crisi subprime, ovvero dopo il dissesto finanziario diffusosi verso la fine del 2006 nel territorio statunitense e che deve il proprio nome, per l’appunto, ai “subprime”, prestiti ad alto rischio erogati dagli istituti di credito verso clienti con alto tasso di rischio debitorio (e che per questo molti hanno considerato come elementi di una speculazione finanziaria decisamente eccessiva). Poco prima che la crisi si diffondesse in maniera preponderante, in Europa si assisteva naturalmente a differenze di economia pubblica e tasso di crescita piuttosto marcate nei diversi Paesi. Vi erano Stati come la Germania che si caratterizzavano per un’economia forte, mentre i Paesi come la Grecia e la Spagna, l’Italia, l’Irlanda e il Portogallo, si presentavano con un notevole indebitamento pubblico già a monte, frutto di problematiche finanziarie accumulatesi nel tempo, nonché con un rilevante deficit pubblico ed un prodotto interno lordo con tassi di crescita esigui. Per il nostro Paese, ad esempio, nel 2009 la cosiddetta “contrazione del prodotto” è arrivata ad essere vicina al 5%, specchio di una delle più gravi recessioni dai tempi del dopoguerra. Il serio dissesto economico della Grecia, in particolare, segnò quell’anno il passaggio alla fase del debito sovrano suddetto, interrompendo quella che era sembrata essere una precedente lieve ripresa. Ben presto la paura che la situazione di difficoltà finanziaria potesse arrivare dalla Grecia in Italia e a seguire alla Spagna ha condizionato le borse, portando i maggiori titoli bancari europei a perdite ingenti (anche del 9%). Nella primavera del 2010 si concluse un accordo tra i Paesi dell’Eurozona ed il Fondo Monetario Internazionale, in base al quale venne approvato un prestito - con finalità di salvataggio nei confronti della Grecia - che ammontò a 110 miliardi di euro, di cui 30 erogati dal Fondo Monetario. Seguirono la crisi in Irlanda, in particolare nel sistema bancario, con un piano di sostegno a suo favore di 85 miliardi di euro, e quella del Portogallo, con 78 miliardi di euro di prestito erogato. Tali interventi hanno però solamente attenuato la profonda crisi del momento, che agli occhi degli operatori di mercato non poteva non apparire in tutta la sua drammaticità. Alla fase dei rifinanziamenti è quindi seguita quella delle aste a scadenza annuale dell'acquisto di titoli di Stato. Tutti i principali mercati finanziari hanno naturalmente risentito di tale situazione di instabilità economica e sono state via via messe in atto importanti manovre di contenimento della spesa, sia da parte dei Governi dei Paesi in crisi che in seguito da tutti gli Stati dell’Unione Europea, comportando l’accrescersi ed il diffondersi di una reale recessione. Regina Picozzi