Quando parliamo di imposta di successione facciamo riferimento ad una particolare tassa prevista per il trasferimento di qualsiasi bene o diritto in caso di decesso. Il ricevente l'eredità, sia che si tratti di un patrimonio di naturale mobiliare o immobiliare, sia che si tratti di un diritto reale (ovvero di un diritto che abbia per oggetto una cosa), dovrà quindi procedere al suo pagamento nel momento in cui si presenterà per la dichiarazione di successione. La imposta di successione, che venne abolita nel 2001 e poi reintrodotta nel 2006, va dunque ad interessare il patrimonio ereditato: questo si considererà mettendo in atto la differenza tra i beni attivi e quelli passivi (ovvero, ad esempio, possibili debiti lasciati dal defunto). Sono tassabili i beni immobili di qualsiasi tipologia, siano essi abitazioni, negozi, fabbricati, terreni agricoli o comunque edificabili; i beni mobili (come ad esempio i gioielli, i conti correnti bancari e postali, i fondi fiduciari, rendite e pensioni, denaro, azioni e obbligazioni, crediti, ma anche le imbarcazioni, gli aerei o le opere d'arte); in aggiunta anche le partecipazioni di società o le aziende, con alcun eccezioni previste per legge. Uno degli eredi potrà decidere di saldare l'intero ammontare dell'imposta utilizzando poi il proprio diritto di rivalsa verso gli altri che non hanno pagato nulla. A meno di rinuncia all'eredità e fino a quel momento, chi eredita è tenuto in ogni caso al pagamento dell'imposta di successione, motivo per cui è sempre bene andare a controllare se esistano eventuali pendenze tributarie di altri prima di accettare un possibile lascito. Ciò che invece risulterà non tassabile sono eventuali Bot, Cct o altri titoli di Stato, nonché le spese mediche e quelle sostenute per la cerimonia funebre del defunto. Sono da considerarsi esclusi dall'applicazione dell'imposta anche possibili crediti che derivassero da vendite realizzate nei sei mesi che hanno preceduto la morte della persona, o anche qualunque bene acquistato con queste risorse. Per legge si è tenuti a presentare all'Agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione entro un anno dall'avvenuto decesso: l'importo da corrispondersi verrà calcolato dall'Agenzia delle Entrate stesse, che considererà anche le franchigie. Nel caso del coniuge e dei figli, o dei parenti stretti, l’imposta di successione dovrà essere pagata esclusivamente per la porzione di asse ereditario che superi la franchigia da 1.000.000 di euro, con un'aliquota su tale eccedenza del 4%. In aggiunta l' imposta catastale e quella ipotecaria. Se il valore catastale dell'immobile non oltrepassasse il limite previsto nell'ambito della propria quota di eredità, coniuge e figli non saranno tenuti a pagare l'imposta di successione. Per ogni altro parente fino al quarto grado non esiste alcuna franchigia e l'aliquota applicata è pari al 6%, mentre per altri soggetti non vi è comunque franchigia ma l'aliquota sale all' 8%.