Sempre più spesso sentiamo gli esperti del settore suggerire ai cittadini di aderire ai cosiddetti fondi pensione. Ci si preoccupa infatti del proprio sostentamento futuro, che potrebbe non essere sufficiente a garantirci una vita dignitosa. Ma di cosa parliamo, esattamente? Si tratta di specifici strumenti finalizzati, per l’appunto, a fornire alla popolazione una pensione integrativa rispetto a quella obbligatoria statale.
I fondi pensione nel sistema pensionistico italiano
Sappiamo che il nostro sistema pensionistico è suddiviso in tre classi: la previdenza pubblica obbligatoria, il risparmio previdenziale (ovvero le polizze vita) e la previdenza complementare. I fondi pensione fanno parte della terza categoria e sono, per loro natura, non obbligatori ma scelti dal risparmiatore, pur avendo un funzionamento molto simile a quello della pensione statale. Rappresentano una forma di assicurazione che può venir maturata anche attraverso un’operazione di diversificazione degli investimenti.
Caratteristiche e tipologie dei fondi pensione
Parliamo di vere e proprie casse che raccolgono gli importi versati dal cittadino durante i suoi anni lavorativi e li reinvestono in maniera sicura. Ogni persona iscritta ha un proprio conto personale su cui far affluire i versamenti contributivi, con una determinata cadenza temporale. Possiamo distinguere, in particolare, due tipologie di fondi pensione: quelli a prestazione definita e quelli a contribuzione definita. I primi sono caratterizzati dall’avere preventivamente la definizione della prestazione, con una conseguente possibile mutazione contributiva nel tempo, tale da garantire che alla fine venga erogato l’importo prefissato. Questa classe di fondi complementari è destinata esclusivamente ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi. I secondi hanno invece predefinita l’entità dei versamenti contributivi e di conseguenza una prestazione conclusiva non determinabile a priori. Ne possono usufruire i lavoratori dipendenti, ma anche i liberi professionisti e i lavoratori autonomi. Ulteriore classificazione è quella che suddivide i fondi in chiusi e aperti. I fondi pensione chiusi, che scaturiscono da accordi collettivi tra lavoratori e datori di lavoro (e che per tale ragione vengono anche chiamati fondi negoziabili), sono destinati ai lavoratori di una determinata categoria contrattuale con caratteristiche di omogeneità (lavoratori d’impresa o di un gruppo di imprese di un certo territorio, con organi di gestione divisi a metà tra iscritti e datori di lavoro). Possono essere sia in regime di prestazione definita che di contribuzione definita. I fondi pensione aperti, diversamente, vengono realizzati da istituti bancari, compagnie d’assicurazione e società di gestione del risparmio, e sono per l’appunto aperti a qualsiasi tipologia di lavoratore: autonomo, pubblico o privato. Chi li sceglie può sottoscriverli sia su base collettiva che individuale. Gli importi versati dal risparmiatore vengono separati dall’attività di chi gestisce il fondo e la loro tipologia contributiva può essere determinata al momento dell’adesione, sia in termini di cifra che di periodicità del versamento. In aggiunta, esiste la possibilità di aderire ai cosiddetti Piani individuali Pensionistici (PIP): in questo caso il cittadino può orientarsi su una polizza vita caso vita, ovvero su un’assicurazione che al termine della sua scadenza gli garantirà un determinato capitale.
Quanto rendono i fondi pensione?
Naturalmente la quantificazione della resa effettiva di un fondo pensione dipende strettamente dalla tipologia di strumenti finanziari utilizzati dai gestori del fondo, che potranno essere più o meno rischiosi e avere un rendimento più o meno elevato. Rimane utile l’avvertenza di valutare e domandare sempre l’andamento dei titoli finanziari che verrebbero acquistati con il proprio investimento e che di conseguenza dovrebbero poi generare una rendita. Regina Picozzi