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Carry trade: di cosa si tratta?

Carry trade: di cosa si tratta?

L’espressione “carry trade”, spesso utilizzata dalla stampa di tipo economico, fa riferimento ad una specifica operazione finanziaria che comporta la presa in prestito di denaro ad un tasso di interesse basso in una certa valuta e l’investimento della somma ad un tasso più alto in una valuta differente. Fino al 2008 ne era un tipico esempio ciò che avveniva con lo Yen, che aveva un tasso di interesse molto vicino allo 0%, dunque nettamente inferiore rispetto a quello della moneta di qualunque altro Stato: si poteva quindi guadagnare puntando semplicemente sulla differenza nei tassi suddetti. Prima che si verificasse la crisi finanziaria che ha coinvolto tutti gli Stati a livello internazionale, infatti, moltissimi erano gli investimenti in Yen nell’ambito di operazioni di carry trade: si calcola che nel 2007 siano arrivati addirittura ad una cifra pari a mille miliardi di dollari. Ciò che bisogna considerare con attenzione per far sì che un’attività del genere vada a buon fine è, quindi, primariamente la selezione di una valuta che presenti un rapporto più o meno stabile nel tempo ed in particolare tra la fase in cui avviene il finanziamento e quella in cui si verifica la restituzione del denaro. È opportuno ricordare che, nella scelta delle due valute, non si debbano considerare soltanto i rispettivi tassi di interesse in termini di valore assoluto, ma anche i trend di variazione gestiti dalle banche centrali di ogni luogo considerato.

Carry trade: quali i rischi?

Facendo uso della leva, poi, è possibile agevolmente accrescere i margini di profitto. La buona riuscita del carry trade dipenderà, di conseguenza, sia dal Forex (Foreign Exchange Market) che dal tasso di cambio tra le valute selezionate. Utilizzando questo tipo di tecnica di investimento si può arrivare ad ottenere guadagni considerevoli, ma naturalmente è importante essere a conoscenza anche di tutti i rischi ad essa correlati. Il carry trade è soggetto, nello specifico, a due particolari “pericoli”: quello del cambio e quello dell’interesse. Se il cambio tra una valuta come lo Yen ed una come il Dollaro mantiene stabilità, ad esempio, non si profilano situazioni di rischio. Ma se d’improvviso dovesse verificarsi un apprezzamento della moneta giapponese, l’investitore che dovrà effettuare una conversione di valuta in Yen si ritroverà a guadagnare mono denaro di quanto, in proporzione, aveva originariamente investito in dollari, proprio per la modificazione del cambio. Analogamente avviene in relazione ai tassi: se negli Stati Uniti i rendimenti diminuiscono a fronte di una loro crescita in Giappone, l’investitore percepirà un margine di guadagno sempre più basso, fino ad arrivare addirittura alla possibilità di subire una perdita. Poiché i due fattori menzionati, ovvero il cambio e i tassi, sono tra loro collegati, una diminuzione in termini di rendimenti in America comporterebbe un deprezzamento del dollaro, così come una crescita dei tassi giapponesi porterebbe lo Yen ad accrescere il proprio il valore.                                                              

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